domenica 2 ottobre 2011

"Let's talk about Sex, babe..." L'educazione sessuale nelle scuole del cantone Basel-Stadt


@ www.20min.ch (Keystone)
Negli ultimi mesi si è alzato un gran polverone, nel cantone basilese, per via del nuovo kit di materiale didattico, di cui sono stati riforniti asili e scuole. Il contenuto attiene ad un tema che era destinato a catalizzare le polemiche: l'educazione sessuale.
Alcuni media hanno riportato la notizia attribuendole ad arte un tono pruriginoso, che ha naturalmente scatenato un'immediata diffidenza e conseguente presa di distanza.
Ci sono degli argomenti che si prestano a venir sbandierati come simbolici vessilli di tolleranza progressista o, alternativamente, spauracchi da immolare sulla gogna conservatrice. Il sesso è uno di questi. L'epilogo classico di tali schermaglie dialettiche prevede che l'argomentazione pacata e ragionevole venga meno. Il pubblico, noi, spettatore di quella giostra enfatica, finisce per dismettere il senso critico, farsi arruolare nelle diverse fazioni e, infine, dominare da facili demagogie di pancia.
È impossibile, per ovvie ragioni, avere conoscenze approfondite sufficienti a formarsi un giudizio autonomo in ogni circostanza, però c'è, a mio parere, un metodo semplice e piuttosto efficace, per smascherare la partigianeria inconcludente di cui ho parlato e provare a formarsi un'opinione sulle cose, il più possibile obiettiva. La sovrastruttura che camuffa il nocciolo informativo, fino a stravolgerlo, si chiama manipolazione mediatica e si serve di tecniche affascinanti. Vorrei, a questo riguardo, analizzare brevemente un paio di articoli, comparsi sui quotidiani locali, ed una brochure propagandistica. In ciascuno di questi casi, il testo è accompagnato da immagini; perciò prima di considerare il codice comunicativo impiegato, m'interessa mettere a fuoco la scelta iconica. Prima ancora di conoscere il contenuto di un articolo, infatti, o di un libro, il nostro cervello ne elabora un'idea partendo dalle suggestioni figurative, così come ci capita di anticipare l'opinione su di una persona semplicemente sulla base della prima impressione che il suo aspetto ci fa (atteggiamento del volto, abbigliamento, accessori, postura... ). Sul quotidiano Blick.ch la notizia del nuovo “piano d'insegnamento 21”, che prevede l'educazione sessuale, è disposta in due colonne: il testo, a sinistra e le prove documentali, a destra. Subito sotto l'occhiello campeggia un titolo che pare estrapolato da un altro giornale, poiché è racchiuso in un riquadro nero, a forte impatto visivo, il cui perimetro è segnato da uno strappo continuo che esalta la drammaticità del contenuto. Le 4 righe in grassetto bianco cubitale scandiscono, in tono intimidatorio:
[MASSICCIA PROTESTA CONTRO L'EDUCAZIONE AGGRESSIVA]
INQUIETANTE SCATOLA DEL SESSO PER I NOSTRI SCOLARI
[VAGINA DI PELUCHE>PENE DI LEGNO>GIOCHI DI PAROLE OSCENI]”
In basso, a sinistra, s'incastra la foto di un contenitore di plastica trasparente, modello IKEA, che di inquietante non ha granché (forse la scelta cromatica, ma è questione di gusti...)
La colonna di destra, invece, mostra una successione di illustrazioni estrapolate dal libro citato come strumento didattico specifico. “Lisa & Jan. Ein Aufklärungsbuch für Kinder und ihre Eltern” (“Lisa & Jan. Un libro di educazione sessuale per i bambini ed i loro genitori”) parla di sesso, prima di tutto nel senso di 'genere', quindi chiarisce cosa distingua, dal punto di vista biologico, maschi e femmine. Temi sono anche l'amore ed il piacere e, per questo, la didascalia di blick.ch avverte che gli autori non conoscono tabù, che la lingua è diretta e che per molti si spinge troppo in là. Le raffigurazioni sono, è vero, molto esplicite. A questo punto non abbiamo quasi bisogno di leggere l'articolo completo, perché un'idea (piuttosto negativa direi) ce la siamo già fatta. Per amor di acribia scientifica, però, lo dobbiamo analizzare. Comincerei dalla scelta lessicale. Le prime parole dell'incipit sono: “La lezione di educazione sessuale a cuore aperto...”. La scelta dell'aggettivo è significativa: “offenherzig” > offen= aperto, Herz= cuore”, fuor di metafora vuol dire “schietto, diretto”, però la lingua tedesca offre un buon numero di sinonimi a rendere questo significato (echt, ehrlich, aufrichtig). La scelta di offenherzig garantisce maggior pathos, ha un forte impatto emotivo: l'inconscio corre, per associazione d'idee, all'espressione “operazione a cuore aperto” e noi, senza rendercene conto, assorbiamo la frase con un retrogusto di disagio.
Il resto del contributo non entra nel merito a spiegare in cosa dovrebbe consistere, in concreto, questa “materia d'insegnamento”, ma si sofferma sugli oggetti impiegati nelle lezioni: peni di legno e vagine di peluche; informazione che, estrapolata dal suo contesto esplicativo, fa subito sollevare un sopracciglio critico nel lettore.
Proprio questi accessori campeggiano ad intestazione dell'articolo di Thelocal.ch: due buffi oggetti di vellutino sgargiante che, a prima vista, la mia creativa innocenza ha identificato rispettivamente con un Lahmacun, la pizza turca, e un orsetto cubista con un naso alla pinocchio. Poi il titolo “Sex ed 'toys' raise eyebrows in Basel” (“'giochi' sessuali educativi sconcertano Basilea”) mi ha chiarito il fraintendimento. A parte gli organi sessuali giganti di peluche, l'argomento è trattato, qui, con un tono più equilibrato, anche se di nuovo più che a spiegare, nel dettaglio, come le autorità didattiche intendano l'articolazione di questo insegnamento, si limita a citare una serie di opinioni pro o contro (più contro per la verità). Gli oppositori ritengono sostanzialmente che i bambini dell'asilo o della scuola primaria siano troppo piccoli per essere introdotti al tema, altri si trincerano dietro la convinzione che l'educazione sessuale debba restare entro le mura familiari e non debba essere demandata alla scuola. 
Argomenti che associno sessualità e bambini sono tristemente attuali di questi tempi e quindi ancor più delicati. La mia impressione è che, in alcuni casi, siano venuti meno il rispetto ed il tatto necessari a gestire il tema. Nell'ultima fonte che sto per citare, infatti, si dispiega una tale maldestra volgarità da far sì che l'intento di gettare un'ombra morbosa sul progetto educativo, si sia ritorto contro i suoi promotori. Mi riferisco ad una petizione voluta, insieme a varie organizzazioni dei genitori, da Ulrich Schlüer, rappresentante dell'SVP (lo “schweizerische Volkspartei”, che ho già citato nei post precedenti) nel Nationalrat (il parlamento svizzero). Con la raccolta delle firme i promotori intendono dissuadere il Dipartimento per l'Educazione dal mettere in atto questa nuova sfaccettatura del programma educativo. I Basilesi si sono, quindi, visti recapitare a casa una brochure informativa corredata da una tabellina, in cui, chi voglia, può iscriversi, per manifestare la sua condivisione del dissenso. Questo volantino propagandistico però si è trasformato in un colossale autogol, poiché l'impressione è stata che ad essere indecente non fosse tanto il tema della querelle, quanto il modo enfaticamente osceno di presentarla. Questo rileva 20min.ch che titola “la posta blocca il volantino pornografico per i quattrenni”. Il salto mortale semantico, che le necessità d'impatto giornalistico hanno imposto al titolo, ne oscura il senso. Il fatto è che la brochure della petizione, che ha voluto raccogliere una carrellata delle immagini più forti del libro “Lisa & Jan”, condita con altre immagini tendenziose, è stata ritenuta troppo volgare. Pietra dello scandalo, in particolare, sarebbe un disegno che ritrae i due protagonisti della storia, Lisa e Jan per l'appunto, mentre la prima aiuta il secondo ad indossare un preservativo. Più che questa illustrazione esplicita, però, a sconvolgere il lettore del volantino è, a mio giudizio, l'uso manipolatorio che gli autori fanno di immagini apparentemente 'innocue'.
La copertina del libretto ha un titolo cubitale bianco su sfondo rosso: “Educazione sessuale all'asilo!?”, prima e dopo ci sono due immagini. In alto, la foto di un bambino dall'espressione sconvolta e quella di una bimba, spaventata, che abbraccia il suo orsacchiotto, come a dimostrare le conseguenze emotive da shock post-traumatico che l'educazione sessuale procurerebbe ai bimbi. In basso c'è una lavagna su cui campeggiano le parole “Kondom – Vagina – Penis” incorniciate da un playmobil che guarda, pure lui, sconcertato; un coniglietto di pezza che si porta una zampa davanti agli occhi per non vedere, e quello che sembrerebbe un vibratore di plastica. Il testo, all'interno, è altrettanto tendenzioso e cammina sul filo della querela. La componente religiosa è presente e lamenta un “attacco alla famiglia”, quella “cristiana conservatrice (padre, madre, bambini)”, per intenderci. La sua significanza non sarebbe, infatti, sostenuta dal nuovo progetto educativo, poiché, ritengono gli autori della brochure, i testi didattici menzionano appena temi centrali come l'amore e la fedeltà. “Ai pedagoghi non importa che i bambini ed i giovani imparino la gioia di un matrimonio riuscito e di una famiglia nell'ambito di una convivenza che dura tutta la vita.” Dicono. Di questi “educatori” (tra virgolette che ne mettono in dubbio l'autorevolezza) si dice che facciano parte di lobby omosessuali o comunque di ambienti che hanno rinunciato alla famiglia e al matrimonio tradizionali, a cui importa solo [cito] del “sesso libero, sesso, sesso e ancora sesso; la contraccezione e la prevenzione delle malattie, però se va male: l'aborto! E l'equiparazione di omosessualità ed eterosessualità.” I 'petizionieri' rivendicano, insomma, il diritto della famiglia ad occuparsi del tema 'sessualità' tra le mura domestiche, che è un punto di vista assolutamente lecito, meno lecito è però distorcere pesantemente i fatti, in modo da forzare il lettore ad abbracciare la loro causa perché spinto dal terrore. La brochure minaccia, infatti, che durante le supposte lezioni di educazione sessuale, vengano messe in atto pratiche sessuali, giochi sessuali, mostrate scene pornografiche e sia influenzato l'orientamento sessuale dei piccoli (come se l'omosessualità o l'eterosessualità fossero virus contagiosi e non diverse identità degli individui).
La chiusa del libretto intende suggellare il panico che ha, nel frattempo, suscitato nei genitori, con due disegni contrapposti che dovrebbero dare dimostrazione pratica ed inequivocabile di cosa succederebbe alla fantasia dei nostri bambini, qualora dovessero subire il nuovo programma educativo.  La didascalia spiega: “un bambino disegna all'asilo prima del piano d'insegnamento 21 [nome di questo nuovo progetto]” e si vede una figurina sorridente, che passeggia sul prato con il cane, sotto un colorato arcobaleno. Accostato è il disegno “... e dopo!” [di chi cioè ha subito l'offensiva sessualizzante della scuola]: una figura maschile in erezione che offre un preservativo ad una figura femminile dal seno prominente. Non c'è la mano di un bambino 'vero' dietro questi disegni, non c'è perché la loro stilizzazione non è originalmente infantile, gli fa il solo il verso. Non si tratta di documenti autentici anche (soprattutto) per motivi etici, se lo fossero, vorrebbe dire che questi signori conservatori hanno sottoposto, per il bene della causa, un malcapitato minorenne ad un lavaggio del cervello tale da trasformarlo in un sessuomane. Inoltre, manca l'attribuzione precisa dei disegni, che compare sempre quando un giornale svizzero mostra, per qualche motivo, la creazione artistica di un bimbo, del tipo: “Lisa, 7 anni, Liestal” oppure “disegno di un'alunna della scuola elementare di Liestal”.
Il direttore del dipartimento per l'educazione basilese, Christoph Eymann replica così, sull'articolo già citato di 20min.ch: “mi sorge una gioia maligna di fronte ai promotori della petizione. Semmai valuto l'opuscolo di cattivo gusto, non il contenuto della valigia [quella in dotazione di asili e scuole, con il materiale didattico incriminato]: prima ci si esercitava a srotolare un preservativo con le banane, ora ci sono peni di legno – questo però non ha nulla a che vedere con la pornografia.”
Un articolo che citi la petizione messa in atto dall'SVP, compare anche su un'edizione dello “Zürcher Oberländer” (ZO) di giugno. Se si confronta l'impaginazione del testo e la scelta iconografica, oltre che stilistica, si desume un bell'esempio di comunicazione giornalistica obiettiva, al contrario di quelle tendenziose viste finora. Non ci sono stralci pruriginosi di un libro che, mentre si svela, viene giudicato pornografico e neppure titoli bombastici o frasi ad effetto. La foto scelta ad illustrazione ritrae tre bimbi intenti a scrivere.
@ F. Herrath, U. Sielert, "Lisa & Jan. Ein Aufklaerungsbuch fuer Kinder und ihre Eltern", Beltz 1996
Un mese dopo ZO intervista Esther Elisabeth Schütz, sessuologa e direttrice dell'Istituto per la Pedagogia Sessuale e la Terapia Sessuale a Uster (23 Km da Zurigo). Questa ritiene che, dal punto di vista tecnico, il libro non sia così male come è stato descritto. “Contiene tutte le informazioni importanti, come ad esempio la rappresentazione degli organi sessuali dell'uomo e della donna ed è fatto in modo scrupoloso.” Dice. Tuttavia: “se si estrapolano alcune figure dal contesto, queste hanno un effetto estraniante; come per esempio quella della nascita...” che può far sorgere nei bambini un'impressione sbagliata. Il libro, infatti, data al 1992 e corrisponde a quell'epoca: le illustrazioni, allora, erano del tutto normali. Ora ci sono pubblicazioni più moderne che, a loro volta, rispecchiano di più la nostra comprensione della sessualità e si concentrano anche di più sulla protezione dei bambini e della loro sensibilità.
Ugualmente, spiega la dottoressa Schütz, le rappresentazioni degli organi sessuali, sotto forma di oggetti di legno o di pelliccia, danno ai bambini o a ragazzi un'impressione errata. I maschi, per esempio, possono essere portati a credere che il pene debba sempre essere duro, mentre (dice la dottoressa) nelle sue sensazioni contempla sfaccettature diverse. Così la vagina di pezza ha lo svantaggio di non essere stata pensata in un materiale che riproduca il colore della pelle, bensì in tonalità sgargianti che possono suggerire un'immagine depistante della realtà. Sembrano ragionamenti capziosi e lo sono, forse, per noi adulti, ma non per giovani esseri umani che, dovendo impossessarsi dell'enciclopedia del mondo, prendono alla lettera le istruzioni e descrizioni che vengono offerte loro.
Una posizione, quindi, che da un lato ridimensiona, dall'altro prende le distanze e spiega le ragioni della scelta, argomentando in modo pacato e scientifico. Un simile tono, improntato alla chiarezza, caratterizza la replica del Dipartimento basilese dell'Educazione che intende decisamente smarcarsi dal gusto per il pruriginoso di alcune comunicazioni mediatiche, che abbiamo visto. Alla querelle in oggetto il dipartimento ha dedicato un articolo, uscito sul bollettino delle scuole elementari di questo mese. L'incipit, “Molto rumore per nulla”, è una citazione shakespeariana che mette già in chiaro le cose.
Senza entrare in polemica, ma facendo i dovuti distinguo, Pierre Felder, direttore delle scuole primarie e secondarie (elementari e medie) sgombra il campo da fraintendimenti e false notizie.
Intanto chiarisce il primo equivoco: “non esiste una materia d'insegnamento specifica votata all'educazione sessuale, è semmai compito del corpo docente ancorare il tema al piano d'insegnamento stabilito, trovando le occasioni più adatte per trasmetterne le informazioni, nella misura che attiene alle loro competenze specifiche. Ad aiutare gli insegnanti in questo difficile compito è stato destinato del materiale didattico appropriato.” E poi spiega perché abbia definito questa incombenza 'difficile': “perché l'informazione è e rimane soprattutto dovere dei genitori. L'educazione sessuale è però anche un compito della scuola, e molti genitori le sono grati per questo.” Già, perché molti non hanno nessuna intenzione di affrontare questo tema spinoso a casa. Dribblano le domande più dirette e imbarazzanti, rimandando i chiarimenti ad una supposta età più adatta, che non arriva però mai, soprattutto perché nella pubertà i ragazzi hanno difficoltà, vergogna e pudori a confrontarsi con la famiglia su questo tema.
“È dimostrato che bambini informati”, continua Pierre Felder, “siano protetti meglio contro gli abusi sessuali.” Inoltre è necessario che i giovani siano consapevoli, soprattutto sui pericoli che si nascondono nella rete internet, dove il tema è onnipresente e dove non è possibile difenderli a 360 gradi. Per questo è necessaria l'educazione sessuale, perché fa parte del sano sviluppo del bambino e perché è qualcosa a cui ha diritto.
@ Juerg Plattner
“Nella quotidianità scolastica questo scopo si può raggiungere in modo spontaneo, senza veri e propri 'chiarimenti'. Nel Kindergarten, per esempio, il tema 'corpo umano' può venir trattato in occasioni adeguate e in modo adatto all'età: se la mamma di un compagno di classe aspetta un bambino, è possibile che diventino attuali domande sulla gravidanza e la nascita e libri, puzzle o giochi aiutano proprio gli insegnanti a rispondere a tali curiosità nel modo più opportuno.” A differenza di quanto abbiamo letto negli articoli citati, il contenuto delle 'valigie' didattiche varia a seconda che il materiale sia destinato ad alunni dell'asilo, della scuola elementare o media. “I modelli di organi sessuali di peluche, che sono stati rappresentati in molti giornali, non verranno in nessun caso mostrati ai bambini dell'asilo […] ma solo nelle scuole medie.” Precisa il direttore Felder. L'uso degli ausili didattici non è peraltro obbligatorio. Infine i genitori vengono informati, affinché possano collaborare con la scuola a questa educazione sessuale dei ragazzi. “Un compito comune, che richiede reciproca fiducia.”
Come abbiamo visto, la motivazione ricorrente a rifiuto di questo “piano d'insegnamento 21” è che i bambini sarebbero [sempre] 'troppo piccoli', è perciò dovere della famiglia decidere quando arrivi il momento giusto per dare le informazioni necessarie.
Si rischia di finire come i genitori del libro di Babette Cole (“La mamma ha fatto l'uovo”, Emme Collana "A pagine aperte", 11,90 euro), che per svicolare le domande imbarazzanti dei figli, s'impegnano in cervellotiche spiegazioni che vogliono i bambini prodotti dalla spremitura di tubetti di pasta... bimbifricia! O nella terra, alla stregua di carote e cavoli; o dalla lievitazione in forno come biscottini croccanti. In ultimo, messi alle strette, rivelano: “la mamma ha deposto un uovo, è scoppiato e siete nati voi”, ma devono subire, sconcertati, le risate incontenibili dei figli, che si spanciano: “che stupidaggine!” Dicono, “ma avevate ragione riguardo ai semi, il tubo e l'uovo! Vi spieghiamo noi come sono fatti i bambini...”
Viviamo in una società altamente sessualizzata e non ce ne accorgiamo, perché siamo ormai assuefatti. Il sesso è merce di scambio e tecniche di seduzione impiega la comunicazione commerciale. La merce in vendita deve caricarsi di promesse orgasmiche, il consumatore va allettato al possesso, non solo metaforico, quasi carnale degli oggetti; allora compra (si veda, un esempio per tutti, la pubblicità di una marca di automobili, in cui l'auto, animata da una sollucherosa voce femminile, invita l'Uomo a 'prenderla, accelerarla, inebriarla' e via di seguito). Immagini a sfondo erotico, subliminali o esplicite, ci bombardano quotidianamente dai manifesti che tappezzano le nostre città, dalle pagine dei giornali, dalla televisione.
Basta prendere una a caso delle riviste gratuite, impilate nelle bacheche che piantonano le fermate del bus e la stazione. S'infila la mano e si sfila il giornaletto. Non costa nulla, è alla portata di tutti, grandi e non. E le foto che ritraggano la donna in atteggiamenti ammiccanti, in vesti discinte, in pose alludenti, abbondano.
Non esprimo un giudizio morale, semmai una constatazione socio-antropologica. È curioso che quello che la società tollera come sessualizzazione crassa e subdolamente volgare, non sia tollerato nelle forme di sobria educazione alla conoscenza del proprio corpo e delle proprie inclinazioni. Forse perché di fronte al tracimare mediatico siamo impotenti, mentre abbiamo l'illusione di poter sfogare la conseguente frustrazione in azioni di emendamento ed epurazione rivolte a situazioni di portata più ridotta e, quindi, tangibili, come un'iniziativa scolastica. Però, a mio giudizio, manchiamo il bersaglio: lasciamo bambini e ragazzi esposti alle radiazioni di una società monomaniaca, che distorcono la realtà dei rapporti interpersonali e alterano la percezione del proprio corpo e di quello del prossimo; e allo stesso tempo impediamo loro di accedere a fonti informative scientifiche che rimettano a posto gli equilibri, tolgano la lente deformante, riducano l'enfasi, spieghino una buona volta come stiano le cose.
C'è una bella differenza, mi si dirà, tra la pubblicità di una donna con una mozzarella fiordilatte tra le tette e l'illustrazione che delle tette e di tutto il resto dà il libro di Lisa & Jan. È vero, e la differenza consiste nel fatto che, nel primo caso il messaggio sessuale è camuffato e colpisce la fantasia dei bambini, inconsciamente, nel secondo il significato dell'immagine è decodificato, univoco: vuol dire una sola cosa, non allude ad altro, non invita, non titilla, non solletica, non strizza l'occhio. Spiega.
Il punto centrale è che i bambini ed i ragazzi hanno il diritto di porre domande; per questo devono poter trovare un ambiente ricettivo in grado di coglierle e di offrire loro le risposte oneste e precise, di cui hanno bisogno. Non solo per proteggerli da eventuali attenzioni morbose e violenze, ma perché, a mio avviso, bisogna costruire una nuova Weltanschauung (“concezione del mondo e della vita”) che, al di là delle nevrosi culturali e dei tabù religiosi, ci restituisca la libertà di usare il nostro corpo per la sua salute, la sua gioia, il suo piacere. Che è parte integrante della nostra vita, aspetto naturale e componente di serenità e stabilità nell'esistenza.
I giovani che hanno avuto un'adeguata educazione sessuale avranno una vita amorosa soddisfacente, sapranno che alla base di una buona relazione ci sono il rispetto reciproco e la reciproca scoperta, cose, entrambe, che richiedono la Pazienza ed il Tempo.
Un libro molto bello, a questo riguardo, lo conosco e lo posso suggerire. Si chiama “Einfach Irre!” (“cose da pazzi!”), Beltz Verlag 2002, versione tedesca di “Let's Talk about where the Babies come from” (R. H. Harris), London 1999.
I narratori sono un uccello verde sgargiante ed un'ape che, attraverso il loro personale viaggio alla scoperta del mistero della nascita, accompagnano il lettore con un racconto esilarante ma, allo stesso tempo, puntuale. L'argomento è scandagliato in tutti i suoi aspetti, anche storici, filosofici ed emotivi, sempre con tatto e delicato senso dell'umorismo. A questo racconto di stile più poetico, si affiancano le informazioni 'tecniche', trasmesse attraverso deliziosi fumetti in cui gli spermatozoi scorrono su lunghi tapirulan, si allenano al nuoto in speciali piscine e poi si ammassano alla linea di partenza, per la grande corsa. Le celluline sorridono come paffuti smileys ed i vari organi coinvolti sono reinterpretati come elementi di un insediamento spaziale futurista. Un ultimo livello di lettura, infine, riguarda le sezioni più prettamente scientifiche, in cui, sempre con l'aiuto di illustrazioni dettagliate, si descrivono le varie parti e le loro funzioni. Si parla di cosa sia l'amore, in tutte le sue forme e di malattie e prevenzione. Questa suddivisione in filoni di lettura permette di selezionare il livello da seguire (filosofico-speculativo, scientifico, tecnico) e quindi di dosare le informazioni e rimandare, eventualmente, gli approfondimenti ad un secondo tempo. In fondo sono poi i bambini stessi, con le loro domande, a scandire, con il passare del tempo, l'affacciarsi di curiosità nuove e sempre più dettagliate.
Ho poi elaborato il mio modo, molto personale, di far fronte al bombardamento sessualizzante dei media. Se non si può 'sconfiggere', se ne può però disinnescare qualche carica e, persino, trasformare la portata informativa distorcente in occasione di dialogo, di analisi, di crescita. Non abbiamo la TV, perciò quando capita che Amélie vada in visita dalle amichette può succedere che ci sia un mega-plasma acceso e che, magari, trasmetta telenovele sudamericane o siparietti con fanciulle ancheggianti ed inquadrature ginecologiche. La prima volta pensai, nel panico, che tutto il mio lavoro di 'schermo e difesa' sarebbe andato perduto. Poi ebbi l'idea: perché non trasformare il virus in antidoto? Così la sera stessa, al ritorno a casa, ho chiesto a mia figlia di dirmi che pensasse di quel programma con le donne schiaffeggiate e gettate fuori di casa, donne strizzate in vestiti troppo corti e molto appariscenti, truccate pesantemente e agghindate come madonne in processione, se le piacesse, le sembrasse giusto e via discorrendo. La volta dopo è stata lei, osservando un cartellone pubblicitario, a tirarmi la giacca e chiedere: “Mamma? Ma perché le donne fanno sempre le Tussi nelle pubblicità?” Tussi è un termine tedesco che sintetizza un comportamento di esasperazione delle peculiarità femminili in una caricatura volgare e scervellata. Un sinonimo potrebbe essere 'smorfiosa, scema'. Così adesso il senso critico è stato attivato: il veleno è diventato vaccino.
Vorrei concludere con un ricordo improvviso che mi è balzato davanti agli occhi poco fa: nel febbraio di quest'anno Amélie ha, in effetti, disegnato la sua nascita; evento, peraltro, molto originale visto che, nella sua immaginazione, deve essere scivolata fuori dal mio ventre insieme alla sua bambola... Così ecco quello che Amélie disegnava 'prima' delle letture su come si venga al mondo:
 


@ Amélie, 6 anni, Basel.

E quello che ha disegnato 'dopo'...


@ Amélie, 6 anni, Basel



 

3 commenti:

  1. Vedendo la prima immagine subito sono rimasta un po’ sconcertata, poi leggendo l’articolo mi sono dovuta ricredere. I bambini hanno grandi capacità di capire tutto con naturalezza e senza malizia, molto più di noi adulti. E’ giusto che le scuole si attivino in tal senso, il sesso fa parte della vita e va spiegato con una corretta delicatezza. Molto chiara l’esposizione dell’articolo, brava.

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  2. Bellissimo articolo, è un'esauriente spiegazione e interessante punto di vista sul caso delle sex box di cui trovavo solo articoli inaccessibili in tedesco o poco completi in italiano! grazie

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  3. Grazie a te, Federica. Sono contenta di esserti stata utile! :-)

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