martedì 2 agosto 2011

Che gran bella abitudine: voglio farla mia!

Qurna Foq 2005 @ Debora Cilli
Bisogna far posto nella collana che sgrana le nostre occupazioni quotidiane per infilare una perla di piacevolezza: la passeggiata serale in bicicletta.
La città è vuota e attraversare il centro sgombro del passeggio, costeggiare rastrelliere quasi deserte (le macchine non le cito: ce ne sono poche comunque) stranisce, come una donna vistosa che si è infilata un vestito sobrio e quasi non la si riconosce. S'insinua anche un egoistico senso di possesso: il piacere esclusivo di avere strade, ponti e vicoli tutti per sé; il cuore pulsante del giorno diventa gatto sonnacchioso la sera e concede qualche carezza.
Sono pericolosa, però, a pedalare nel declinare del giorno, perché il mio percorso si fa errabondo. Una meta, più o meno, me la sono data: la Coop della stazione (che resta aperta fino alle 22) perché mi mancano: pasta sfoglia e succo d'arancia, però la strada è tutta da decidere. E non è che sia decisa una volta per tutte, perché l'imprevisto incombe: se alzando gli occhi mi accorgo che il cielo ha una tinta di ciano chiarissimo, brillante, attraversato da nuvole rosa-arancio, che non si accompagna con il buio che si sta sciogliendo sulla terra, be' devo girare la bici e... Seguirlo! O meglio: seguire la strada più libera, che faccia spaziare la vista per quelle screziate passeggiate celesti.
Alle volte invece c'è da battere una pista olfattiva: quando in corsa vengo subitaneamente avvolta e poi abbandonata da un odore o un profumo che accendono il canale dei ricordi.
Gli scienziati hanno recentemente detto che viaggiare nel tempo sarà impossibile: anche la scienza umana ha dei limiti! Affermazione azzardata visto che io ne faccio almeno uno al giorno... Questa sera presso il vecchio negozio di subacquea della Kannenfeldplatz (quello che aveva, sul tetto il faro in miniatura, con le fasce oblique rosse e bianche, a memento promozionale) mi ha assalita l'inconfondibile puzzo di stalla, anzi meglio: di cavalli. Che meraviglia... Quanti ricordi! Ti arriva una zaffata di letame e tu sei improvvisamente catapultata nel – – – 1986 (la pausa tra 'nel' e il numero è dovuta al tempo che ci ha messo il mio Mac a refreshare la calcolatrice, poiché mi aspettavo un calcolo atomico, ma in effetti non lo era, comunque...) Sono in un maneggio della periferia di Torino e accompagno il trotto del cavallo, un nero mustang selvaggio di nome Frigidaire (Frigo, ad averci un po' di confidenza).
Dalle parti dello Zoo Bachletten, invece, un'ondata sa di Nazlet el Samman del 2007, villaggio ai piedi di Giza: un misto di sabbia, polvere, smog, té iperzuccherato e di nuovo cavalli [che ci sia una fiera equina oggi, a Basilea?!]
Prima dell'Heuwaage-Viadukt mi sorprende un alito di soffocata caciara: Napoli 2011! Il pigro viavai del boulevard si trasforma in un annuncio di congestione stradale, tanto che cerco di fissare per l'ennesima volta lo specchietto retrovisore che, visto che ci giocano a far le smorfie i bambini, giace tangente al manubrio con l'effetto (diurno) di riflettermi il sole negli occhi...
Così, passeggiando nel passato, sono arrivata alla stazione e ho parcheggiato davanti alla Coop. Ho visto delle succose prugne viola scuro e le ho prese, scegliendole una ad una, tastandone lievemente la maturazione e pregustandone l'umore zuccherino.
Visto poi, che al solito, per indolenza e monelleria non avevo preso il cestino per gli acquisti, lo sfilatino che mi ha tentata poco dopo, ho dovuto appoggiarlo al braccio e l'ho scoperto caldo! "Ma sfornano pane fresco ancora alle 9,30 di sera?" E la risposta è stata una bella sorpresa.
Il ritorno è invece una scarrozzata sul tapis-roulant del futuro, perché mentre mi godevo la brezza fresca venuta ad alleviare uno degli ultimi giorni d'estate (almeno secondo il calendario basilese), pensavo: “Che gran bella abitudine: voglio farla mia!“ Questa del giro in bicicletta. Però poi, visto che noi esseri umani non ci accontentiamo mai, ho cominciato a concentrarmi su qualcosa che mi sembrava mancasse e rimugina e pedala, ho capito cosa fosse: un libro!
“Perfetto sarebbe,” pensavo “se fossimo io e Amélie (la mia bambina) a pedalare nella sera, mentre leggiamo una storia.”
“Sì, però, se si legge, chi pedala?” E così pedala e rimugina, ho capito cosa ci sarebbe voluto: un risciò! Mentre il risciò scivola via leggero, noi saremmo sedute con un bel libro sulle ginocchia e io le farei le voci dei vari personaggi, dimenticando al solito a chi abbia attribuito il tono querulo, a chi il falsetto e a chi il trombone. Nelle pause del cambio di pagina, sputacchierei poi, senza farmene accorgere, i moscerini che mi si tuffano a kamikaze in bocca e nelle narici (nota mentale: non dimenticare gli occhiali, almeno!).
Poi, in questo viaggio nel viaggio nel viaggio: la galoppata nella città, la passeggiata nel libro, il caracollare dello sguardo a destra e mancina, le verrebbero le palpebre pesanti e direbbe, stropicciandole: “mamma: ho male negli occhi!” “È perché il mago del sonno,” direi io, “ci ha buttato una presa di sabbia dentro, per farti dormire...” Lei corruccerebbe le sopracciglia da dietro gli occhiali, solleverebbe l'angolo destro della bocca e farebbe mulinare l'indice all'altezza della tempia (sollevando lo sguardo teatrale al cielo, come in cerca di una superiore testimonianza alla grullaggine di sua madre). E poi ci metteremmo a ridere e io l'abbraccerei forte, mentre lei, ovviamente, si divincola.

3 commenti:

  1. che bella poesia per descrivere una cosa così semplice come fare la spesa in bicicletta. La descrizione della bimba va ben oltre l'amore di mamma. Brava. IOL1974

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  2. ho trovato il tuo articolo eccezionale, da un punto di vista poetico e come forma espressiva; è toccante e vibranbte, secondo me hai notevoli doti come scrittrice, perchè non pubblichi qualcosa? Ester Manolino

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  3. Grazie! Pubblicare mi piacerebbe tanto: aspetto che arrivi l'occasione giusta. Rendere pubblico quello che scrivo qui è già molto importante per me, perché i vostri commenti e feed-back mi danno la misura dell'interesse che posso suscitare. Non c'è miglior ricompensa per uno scrittore che sapere di aver lasciato un segno in chi lo legge.

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