lunedì 1 agosto 2011

Cos'hanno in comune Bratwürste e aquiloni?

@ Patrik Tschudin
Ieri a Basilea l'aria aveva la frizzante trepidazione che innerva l'intera comunità cittadina alla vigilia di una festa. Mi stupisco ancora, dopo 8 anni di vita qui, di fronte all'infantile eccitazione degli svizzeri quando si tratta di abbandonare il loro rigoroso metronomo quotidiano per respirare un po' di spensieratezza.
Le occasioni, per la verità non mancano, ma questa è speciale perché la svizzera spegne 720 candeline: il 1° agosto del 1291, infatti, i cantoni di Unterwalden, Uri e Schwyz (che diede poi il nome alla confederazione), si incontrarono sul prato del Grütli, sovrastante il lago dei quattro cantoni e strinsero un patto di alleanza in difesa della sicurezza e della pace reciproca.
Questa è soprattutto una festa di fuochi e luci: alle case si appendono lanterne rosse di carta, con la croce bianca, o si accendono candele, e non mancano le torce, lungo i fiumi. Scintilline e braccialetti fluorescenti rappresentano invece un adattamento moderno della tradizione, che ammicca ai più piccoli e certo è previsto in scaletta uno spettacolo pirotecnico a chiusura della festa. Tuttavia, il simbolo che ricorda con maggior fedeltà gli eventi storici è il falò che, fatta eccezione per qualche grigliata cittadina sfuggita al controllo, si vede soprattutto in montagna. La leggenda del lago di Ginevra tramanda che le orde barbare, calate alla conquista delle antiche tribù svizzere, fuggirono terrorizzate alla vista dei mille fuochi accesi sulle colline e del loro riflesso che si specchiava nel lago. Tre anni fa oggi, mi trovavo sulle montagne dello Jura e, dopo un'arrampicata notturna in mezzo ai pascoli, raggiunsi la cima di un'altura da cui si apriva lo spettacolo della valle sottostante. Le lingue di fuoco delle pire si levavano tremanti come un morse di fratellanza, uno sguardo silenzioso e lontano che sa di abbraccio. Questo è, infatti, il sapore che lascia la celebrazione di quel primo passo verso la nascita della nazione svizzera. C'è chi dice che il forte senso di appartenenza al Paese si fondi sul percorso storico comune o sulla geografia, che favorisce l'isolamento. Altri sottolineano la consapevolezza e l'orgoglio svizzeri di rappresentare un unicum in Europa. Quale che sia la ragione, lo spirito di comunità c'è e si sente. C'è nella tranquillità ordinata che fa da sottofondo: ci si sente sicuri, pur nella ressa, si è consapevoli degli altri, non si è molecola spersonalizzata dell'animale-folla, ma un membro di una grande famiglia. Tre ponti, in particolare, sono interessati dagli eventi: procedendo da sud-est a sud-ovest, il Mittlerebrücke, il Johanniterbrücke e il Dreirosenbrücke, quest'ultimo è vicino a casa, così decido di cominciare il mio giro dal centro storico per poi risalire verso il mio quartiere.
Imbocco la ripida discesa alla mia sinistra, che porta al Reno e, su questa e l'altra riva, si snoda un serpente interminabile di panche affollate e tavoli di legno, che vedo punteggiare tutto il centro. Condividere il cibo è un atto simbolico e questo enorme banchetto pare la trasposizione comunitaria della sala da pranzo (in questo caso... da cena!) domestica: bancarelle riforniscono locali e forestieri di cibo e bevande ed è una girandola di specialità gastronomiche. Ci sono, certo, i tradizionali Bratwürste & Rösti (salsiccia arrosto e tortino di patate fritte), ma Basilea si ricorda di essere una città multiculturale e c'è solo l'imbarazzo della scelta tra gli Imbiss (chioschi) turchi, tailandesi, indiani, cinesi, italiani: spiedini di agnello con riso al latte di cocco (Lahmspiess mit Kokosreis), gamberetti fritti in pastella (fritierte Krevetten im Teig), riso cantonese, pollo al curry, donuts, pizza, persino il panino con la cotoletta impanata (Schnitzelbrot) o l'internazionale hot-dog. Anche quanto a bevande si va dalla Caipirinha alla tradizionale birra doc locale, alla vodka, al bacardi-cola e via di seguito. Qualche banchetto vende anche accessori da festa: cappelli kitsch, cerchietti con orecchie di coniglio luminescenti, braccialetti al fosforo, bacchette con lucine intermittenti. Anche l'intrattenimento musicale è dei più vari: ci sono i corni montanari suonati da musicisti in costume tradizionale, c'è la banda cittadina, il gruppo punk rock, quello jazz, il reggae, come la musica classica. Ho visto anche molti diversamente abili, sulla sedia a rotelle, a dimostrazione del fatto che la comunità non esclude qualcuno con l'ipocrita scusa della sicurezza, della norma. Pur nella goliardia, non si dimentica il rispetto reciproco: ho urtato e sono stata urtata ma è seguita ogni volta una valanga di scuse condita da sorrisi aperti; e poi file, file per l'hot-dog o il piatto caldo e code per i bagni chimici, con pazienza. A quest'ultimo riguardo, provenendo da un paese come l'Italia, sarebbe facile fare commenti sarcastici sull'insofferenza nostrana a regole e turni di precedenza, ma quello che mi preme non è stigmatizzare un “meglio” o un “peggio”, semplicemente mettere a fuoco un “mi piace”. Mi piace far parte di un gruppo, rimanendo me stessa, senza dovermi spersonalizzare nella massa, mi piace che ci si faccia posto. Mi piacciono i camerieri e le cameriere che indugiano con il sorriso ad ascoltare desideri precisi di uno delle centinaia di avventori accomodati sulle panche, mi piace che qualcuno accenni un movimento di danza mentre frigge le patate, mi piacciono le risate, i baci rubati, le urla di auguri lanciate nella folla. Mi piace che la genuinità del sentimento comunitario sia dimostrata dai gruppi di persone radunate a festeggiare anche nelle case private, non solo in strada. Dalle finestre illuminate si scorge il viavai allegro di amici e famiglie riuniti, dai soffitti dondolano collane di lanterne e tanti sono affacciati ai balconi a guardare la fiumana colorata in strada.
Su un programma della festa leggo che alle 22,20 è previsto un “Luccichio di stelle su Basel” (Sternenleuchten über Basel) e mi chiedo se l'idea sia quella di spegnere lampioni e riflettori per annullare l'inquinamento luminoso e svelare il manto celeste; certo a discapito di salami, boccali di birra e piatti di spaghetti di riso destinati inevitabilmente a finire, nel buio improvviso, sulla giacca del vicino. Invece, inaspettatamente, allo scoccare dell'ora stabilita, il cielo della città è attraversato da una miriade di... Stelle, rosa! Un “OOOOhhhhhhh” generale si alza dalle strade e le piazze verso quella incredibile meraviglia. Per quanto sia una donna metropolitana del terzo millennio, mediamente colta, sufficientemente disincantata e a tratti cinica, quelle lucine dondolanti mi strappano uno sguardo infantile, ammaliato. Per un istante ho la scervellata tentazione di crederli emanazione benefica di una creatura ultraterrena, “Oh, come sarebbe bello se...” Geni fatati... Perché galleggiano nell'aria, perfetti, con la superiore condiscendenza di una benedizione. E dopo i secondi di stupore ancestrale che la scimmia-uomo ha di fronte ad ogni fonte di luce, ho cominciato a chiedermi dove fosse il trucco di tanta bellezza: così scruto il cielo, critica ora, alla ricerca di cavi invisibili, reti metalliche con led luminosi e chissà che altra diavoleria. Poi lo vedo, da un parapetto sul fiume qualcuno li affida al vento: sono palloncini a cui è legato un piccolo fuoco artificiale. E i palloncini hanno la loro goffa magia: quando sono tanti si ammucchiano nell'aria, ascendono insieme, si perdono, vagano altrove.
Mi aggrego ad alcuni gruppi che passeggiano verso Sankt Johann, il mio quartiere e recupero la bicicletta: lo spettacolo pirotecnico voglio godermelo dal ponte!
Non descrivo gli scoppi di colore e di tuono nella notte basilese, che mi ricordano sempre fiori tropicali esplosi per il caldo; basti dire che sono andata indietro con i ricordi e mi sono ritrovata, bambina, raggomitolata nell'abbraccio protettivo di mia madre, su una sdraio in riva al mare, mentre, nel cielo sopra di noi, infuriava un bombardamento di fuochi artificiali e a me il fumo, il puzzo di polvere pirica e quei botti infernali mettevano il terrore cieco degli animaletti inconsapevoli. Un'ultima precisazione vale la pena di fare, però, perché dà la tenera misura di questo popolo: nella pagina informativa del portale turistico di Basilea si annuncia che gli spari dei fuochi raggiungeranno i 100 e 120 m di altezza e la durata dello spettacolo sarà di 25 minuti e 35 secondi. Regolatevi di conseguenza, insomma.
Prima di chiudere, rispondo alla domanda del titolo: “Cosa c'entrano i Bratwürste con gli aquiloni?” Due giorni fa migliaia di bambini si sono riversati sulle spiagge di Gaza e hanno fatto librare al vento più di 4.000 aquiloni. Record mondiale, hanno detto i media, proprio come dissero nel 2010 e nel 2009, ma che sia un record poco importa. L'evento è stato organizzato dall'UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees) per chiedere la fine del blocco israeliano sulla Palestina e la pace. Mi viene in mente che la spesa per i 20 minuti di stelline fluttuanti su Basilea verrà devoluta ad un progetto solidale in India. Certo, qualcuno accusava sui giornali nei giorni scorsi che si sarebbe potuto fare di più: per esempio rinunciare ai fuochi artificiali e devolvere quei soldi alla crisi del corno d'Africa. Si sarebbe potuto, ma è già qualcosa quel che hanno fatto.
Questo non è il paese migliore del mondo. La destra radicale e razzista c'è anche qui, così come molti stranieri hanno episodi di discriminazioni di vario genere da raccontare, ma non è questo il punto. Il punto è una comunità che ci prova. Non è facile per noi immigrati, non lo è per loro che pure considerano le politiche di integrazione una priorità. Questo ho portato a casa dal mio bagno di festa: l'unica salvezza al deragliamento globale è nel ricordare che siamo tutti parte di una stessa grande famiglia, che sarebbe bello trovare il coraggio di prenderci per mano, affollare pacificamente le strade, le piazze, le spiagge, i prati, i lungofiume e affidare al vento un messaggio di fratellanza. Ce la possiamo fare solo se rimaniamo insieme.
Buon compleanno Svizzera!
[Guarda la mia galleria di foto dell'evento su flickr!]

2 commenti:

  1. che bello, è come esserci stati, una descrizione minuziosa di tante sensazioni ed emozioni, quelle lucine rosa di pioggia che va all'insù sono una vera poesia. Complimenti a chi le ha vissute ed ha saputo trasferirle a noi. GIUSY91

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