domenica 12 maggio 2013

I Pelati Delicati (Die delikat Geschälten) - Volare in una notte basilese

www.pelati.ch

Sono le 22,10, siamo tornate a casa adesso e non ho potuto fare a meno d’interrompere il soffuso frinire elettronico del Mac per sollevarne lo schermo ed iniziare un nuovo documento di testo.

Ho bisogno di raccontare, lasciar rotolare le parole sul foglio, per non interrompere il moto ´andante allegro´ che mi ha fatto fischiettare fino a casa, sul fruscio delle ruote che scivolavano svelte sull’asfalto. A volte ci sono serate magnificamente spoglie, che se le si guarda dal di fuori per carpirne il segreto, ci paiono quasi insignificanti, e non riusciamo a spiegarci che merito abbiano in quella gioia densa e limpida che ci spumeggia dentro. Sarà stata la nostalgia viola di tramonto che macchiava le ombre della notte, o lo sbaffo di luna accompagnato da una cruna di stella appena strabica o sarà stato uno spettacolo piacevolissimo che ci ha fatto ridere e cantare per quasi due ore allo Schauspielhaus di Basel.

I due mattatori italo-svizzeri, uno emigrato al di qua delle Alpi 28 anni fa, l’altro nato su suolo elvetico 52 anni fa, si sono dati il nom de plume Pelati Delicati, laddove la versione tedesca (Die delikat Geschälten) rende al meglio il voluto gioco di parole: non calvi, bensì ´sbucciati´, come i San Marzano che si imbottigliano in salsa.


Andrea Bettini e Basso Salerno, chiariscono le regole del gioco fin dall’inizio: in questo mondo dove tutto è laut, chiassoso, caotico, loro vogliono creare un´atmosfera di delicatezza; appassionata, nostalgica, a tratti sensuale, ma temperata, permeata di grazia.

A queste condizioni ci hanno raccontato e cantato la loro nostalgia, il loro venire a patti con un’identità comicamente lacerata tra un insopprimibile istinto che rimanda all’esuberanza del sud ed un compassato adeguamento a quella che chiamano la Murmeltier-Mentalität, ossia la mentalità della marmotta. I due, prendono in giro le idiosincrasie degli Schwyzer con monologhi esilaranti e virtuosismi canoro-musicali, che combinano un’irresistibile malizia, l’ingenuità disamante di tempi che rimpiangeremo e quella Frechheit, insolenza, a tratti appena grusig (raccapricciante), che, per quanto spesso rinfacciataci, pure ci fa amare ed invidiare in questo paese. Quel modo di fare svizzero un po’ chiuso, ritirato, tendenzialmente pessimista e criticone viene stornato con gioiosa monelleria. Le paure xenofobe di certa destra reazionaria, rabbonite. Ma sono bollate, sempre con il sorriso, anche le debolezze italiane: la possessiva invadenza della Famiglia, il nostro essere inguaribilmente mammoni, un po’ viziati, a tratti inaffidabili.

A mia figlia di 8 anni che, in prima fila, si spellava le mani di applausi, i Pelati Delicati hanno portato uno spaccato d’Italia, facendole assaggiare, in un viaggio sentimentale a bordo di una vespa rossa, accompagnato da fisarmonica e coppola, i capolavori della nostra musica leggera e, soprattutto, la loro portata direi filosofica, il loro farsi proiezione e specchio di un modo di essere che invade la vita fino ad occuparne tutti gli spazi, dagli affetti alla cucina, dal modo d’intendere le vacanze a quello di sognare. E apoteosi di tutto ciò è il magnifico barattolo sanguigno di pelati, appunto, di cui hanno omaggiato le mamme (attuali, passate e future persino, insomma alla fine tutte le donne in sala). Quel vaso di conserva fatto artigianalmente, a Termoli (pomodori bio!), è metafora perfetta della generosità nostra, noi sanciamo amicizie e legami inscindibili di fronte ad una tavola imbandita ed è in quello, necessario, ineludibile, primordiale, che celebriamo tutti gli altri piaceri: nel cibo che gustiamo e doniamo con trasporto ed orgoglio.

A me, che di anni ne ho qualcuno di più, hanno regalato una speranza delicata, a bassa voce e senza retorica, come una fiamma discreta eppure duratura. La speranza di cui tutti gli emigrati o esuli, espatriati, senza terra e in cerca di radici hanno bisogno, per poter fare la pace con il posto che hanno lasciato, per imparare ad amarlo di un amore che non pretende e non rinfaccia, un amore che, appunto, spera. Questa sera ho cantato canzoni che mai avrei pensato d’intonare, o sto invecchiando o provo una nostalgia bella, nuova, depurata della sofferenza per diventare celebrazione, rispetto, ricordo, patrimonio. Questa sera ho parlato italiano senza vergognarmi delle stigmate d’immigrata, ho guardato il Reno scambiandolo per il mare, le luci della città che vi brillavano dentro, per quelle di un paese marino del sud-Italia. L’aria della sera si è fatta dolce, tornando a casa, tiepida e profumata della mia infanzia. Fischiettavo ed ero nella mia storia, niente più lacerazioni, le due identità si sono infine sovrapposte e fuse ed io ero Io ed ero felice. Questa sera ho amato il mio paese e non mi capitava più da molto tempo. Grazie.

Ps. I Pelati Delicati sono ancora in scena allo Schauspielhaus di Basel fino a fine giugno, le date le trovate a questo link, la possibilità di fare i biglietti a questo.


1 commento:

  1. Hai scritto quello che speravo di sentirti dire da molto tempo, un dolce velo di nostalgia, che nulla toglie alla vita attuale ma che ti fa vedere rosa anche il passato e il presente di questa terra così disastrata da un pugno di persone, ma non dagli italiani, perché se continuiamo a sopravvivere, nonostante tutto, è perché alla base siamo tante persone oneste che abbiamo creato lo zoccolo duro e continuiamo a rimanere in piedi. Bello il profumo di romanticismo che pervade nel tuo articolo, proprio come piace a me. Brava. LuAip1951

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